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Un precedente che cambia tutto”: donna 52enne ottiene indennizzo dopo danno neurologico da vaccino

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    Redazione
  • 9 nov
  • Tempo di lettura: 2 min
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Una donna di 52 anni, titolare di una tabaccheria ad Alba (provincia di Cuneo), ha ottenuto il riconoscimento del nesso di causa tra la vaccinazione anti-Covid e un grave danno neurologico permanente: la diagnosi è di Mielite trasversa, che l’ha resa incapace di camminare. 

La vicenda è stata trattata dal Tribunale civile di Asti, che con sentenza di primo grado del 26 settembre 2025 ha accertato il “nesso di causa” tra la somministrazione del vaccino Comirnaty (Pfizer-BioNTech) e la patologia neurologica. 

Cronologia

• La donna aveva ricevuto due dosi del vaccino Comirnaty nell’aprile 2021. 

• Il 10 febbraio 2022 venne ricoverata all’ospedale di Orbassano (Torino) per sospetta mielite infiammatoria. Nella lettera di dimissioni del 17 febbraio si segnalava: “non è escludibile un ruolo scatenante vaccinico”. 

• Dopo il rigetto amministrativo della domanda di indennizzo presentata al Ministero della Salute e all’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), la donna si è rivolta in sede giudiziaria con il supporto dello studio legale torinese guidato dagli avvocati Renato Ambrosio, Stefano Bertone, Chiara Ghibaudo e Stefania Gianfreda. 

• Il Tribunale di Asti ha nominato consulenti tecnici (Agostino Maiello e Stefano Zacà) che hanno attestato un “nesso di causa molto forte” fra vaccinazione e danno neurologico. 

L’indennizzo e le implicazioni

La somma riconosciuta ha natura di indennizzo (non risarcimento) e ammonta a circa 3.000 euro al mese, con pagamento bimestrale. 

La sentenza rappresenta un precedente rilevante nel panorama italiano: la giurisprudenza sul danno da vaccino anti-Covid, soprattutto per patologie neurologiche gravi, è ancora in evoluzione e il riconoscimento di un nesso causale così netto apre nuovi scenari. 

Contestualizzazione normativa

L’indennizzo trova base nella legge italiana (legge 25 febbraio 1992, n. 210) che tutela soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie o comunque patologie indotte da somministrazioni sanitariamente rilevanti. 

La sentenza della Corte costituzionale n. 35 del 2023 ha stabilito che per la decorrenza del termine triennale per la richiesta non si consideri solo la data di conoscenza del danno, bensì quella della sua indennizzabilità, offrendo così una maggiore tutela al danneggiato. 

Riflessioni e questioni aperte

• Pur essendo casi molto rari, come quelli di miocardite, mielite, ecc., il riconoscimento giuridico del nesso di causa pone domande importanti sulla sorveglianza post-vaccinale, sulla trasparenza e sulla rapidità di valutazione delle domande di indennizzo.

• Per le autorità sanitarie e regolatorie diventa fondamentale garantire che eventuali effetti avversi gravi, pur residuali, siano gestiti con chiarezza e giustizia nei confronti dei cittadini.

• La sentenza non implica che i vaccini siano “pericolosi” in senso generale — rimane valido il rapporto rischio/beneficio della vaccinazione anti-Covid — ma evidenzia che, in circostanze specifiche, una patologia grave può essere riconosciuta e indennizzata.

• Sarà interessante monitorare se questa pronuncia induca un aumento delle richieste di indennizzo e quale sarà l’orientamento delle Corti d’appello e della stessa amministrazione statale in casi analoghi.

In conclusione

La vicenda della donna di 52 anni che ha ottenuto l’indennizzo per danni neurologici a seguito di vaccino anti-Covid costituisce un passaggio significativo e delicato: da un lato una affermazione di tutela verso chi ha subito un danno grave; dall’altro una sfida per il sistema sanitario, legale e sociale affinché la gestione degli effetti avversi sia sempre più trasparente, equilibrata e rispettosa della dignità delle persone.


Redazione

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