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😱Influencer milionari e lavoratori al limite: il divario che racconta l’Italia di oggi

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 29 nov
  • Tempo di lettura: 3 min

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Negli ultimi anni il mondo dei social ha creato una nuova categoria di ricchi: gli influencer. Ragazzi e ragazze spesso giovanissimi che, grazie a contenuti virali, collaborazioni con brand e visibilità online, riescono a guadagnare cifre che fino a dieci anni fa sembravano impossibili. Auto di lusso, viaggi, outfit da migliaia di euro: Instagram e TikTok sono diventati la vetrina perfetta per una vita patinata, scintillante e apparentemente irraggiungibile.

Ma mentre qualcuno accumula guadagni a cinque zeri per un singolo post, molti altri italiani — lavoratori, famiglie, precari — fanno fatica a coprire spese sempre più alte: affitto, bollette, carburante, mutui, supermercato. È un divario che si allarga, e che non riguarda solo i soldi: riguarda la percezione di ciò che è “successo”, “normalità”, “valore”.

Il valore del lavoro ai tempi dei social

Una delle domande più frequenti è: come può un influencer guadagnare più di un infermiere, di un insegnante, di un operaio, di un lavoratore che opera tutti i giorni per servizi essenziali alla società?

La risposta sta nel modello economico degli ultimi anni:

• Chi genera attenzione vale.

• Chi attira pubblico diventa una “vetrina” per le aziende.

• Chi influenza gusti e trend viene pagato come una vera e propria media company.

Ma il problema nasce quando questo meccanismo diventa l’unico metro di misura del valore di una persona. Perché a rimetterci è la percezione sociale del lavoro “vero”, quello che tiene in piedi ospedali, scuole, uffici, trasporti, aziende.

L’altra faccia del Paese: chi non arriva a fine mese

Parallelamente alla crescita vertiginosa del mondo social, aumentano sempre più famiglie che devono scegliere:

• pagare la bolletta o fare la spesa,

• mettere benzina o comprare nuovi vestiti ai figli,

• rinunciare a una visita specialistica perché troppo cara.

Molti lavoratori vivono con stipendi fermi da anni, contratti precari, tempi determinati, part-time involontari e condizioni che rendono difficile immaginare un futuro stabile.

Il paradosso?

Chi lavora per servizi essenziali è spesso pagato meno di chi intrattiene sui social.

Il peso psicologico del confronto continuo

I social amplificano tutto.

Se fino a qualche anno fa il lusso era visibile solo in TV o sulle riviste, oggi lo abbiamo davanti agli occhi ogni giorno: basta aprire Instagram.

Questo crea:

• senso di inadeguatezza,

• frustrazione,

• l’idea che “chi ce l’ha fatta” abbia una vita perfetta,

• la percezione che il proprio lavoro sia poco importante.

Ma la realtà è molto diversa: per ogni influencer diventato ricco, ce ne sono migliaia che non guadagnano nulla o pochissimo. E per ogni foto scintillante, c’è una vita reale fatta di preoccupazioni, pressioni, ansia di dover sempre apparire.

La domanda di fondo: dove stiamo andando?

Il problema non sono gli influencer in sé — molti lavorano duramente, rischiano, investono, creano contenuti, costruiscono aziende.

Il vero tema è il divario tra due mondi che convivono nello stesso Paese:

• uno è digitale, veloce, privilegiato, fatto di visibilità e successo immediato;

• l’altro è reale, lento, faticoso, fatto di sacrifici quotidiani e incertezze.

Finché lo stipendio di chi fa un servizio essenziale sarà inferiore al guadagno di un contenuto virale, il malessere sociale continuerà ad aumentare.

Serve una riflessione collettiva

L’Italia ha bisogno di ripensare:

• il valore del lavoro,

• il potere dei social,

• la distribuzione delle opportunità,

• la dignità economica di chi manda avanti il Paese.

I social non spariranno, e nemmeno gli influencer. Ma forse è il momento di ridare valore a chi, ogni giorno, lavora senza raccontarlo online — e senza ricevere like.



Redazione


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