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«Ho programmato la mia morte»: la decisione di Diego Dalla Palma scuote il dibattito sul fine vita

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    Redazione
  • 7 nov
  • Tempo di lettura: 2 min
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L’icona del make-up italiano annuncia: «Non voglio arrivare agli 80. Ho organizzato tutto»

Nel panorama dello spettacolo e della moda italiani, poche figure hanno saputo incarnare sensazioni e scenari con la forza provocatoria di Diego Dalla Palma. Oggi, a 74 anni, l’artista sceglie una via che rompe con ogni convenzione: «Ho programmato la mia morte». 

Un messaggio chiaro (e sconcertante)

In un’intervista rilasciata nei giorni scorsi, Dalla Palma ha dichiarato di aver già affidato a un avvocato e a un notaio la sua volontà di porre fine alla vita quando lo riterrà opportuno. «Non voglio affrontare il numero 80. Non voglio!… La mente non è più quella di prima. È vita questa?» ha spiegato. 

Ha inoltre rivelato che un medico avrebbe già predisposto un «composto» che gli permetterà, all’estero e in modo riservato, di chiudere il proprio percorso in “due-tre minuti”. «È una liberazione», afferma, «me ne andrò gioiosamente». 

Il contesto della scelta

Dalla Palma soffre da tempo di artrosi e di un progressivo indebolimento fisico che – secondo le sue parole – ha compromesso la qualità della vita: «Alzarmi dalla sedia, al cinema o al teatro è diventata una piccola umiliazione». 

Questa scelta si innesta in una riflessione più ampia sul diritto al fine vita, sul concetto di dignità e sulla libertà individuale di decidere quando “andarsene”. L’uomo che per decenni ha valorizzato l’aspetto esteriore, oggi rivolge l’attenzione al proprio fine esistenziale.

Reazioni e implicazioni

Le dichiarazioni di Dalla Palma suscitano un doppio effetto: da una parte, l’ammirazione per la coerenza e la chiarezza della scelta; dall’altra, una forte discussione etica-sociale. In Italia, il tema dell’eutanasia e del suicidio assistito resta controverso e normato in modo stringente: fino a che punto una scelta individuale può essere legittimamente “programmata”?

Critici e sostenitori sollevano questioni profonde: quali condizioni rendono una “morte volontaria” una scelta dignitosa e non frutto di isolamento o condizione sanitaria mal gestita? Qual è il ruolo della società, della legge, della medicina in un simile contesto?

Le parole di Dalla Palma

«Sono leggero, quasi felice. Beato. E senza paura». 

«Non voglio assolutamente affrontare il numero 80… Ho già organizzato tutto». 

«Mi aiuterà un medico; mi ha preparato un composto. Sarò da solo, in un luogo del cuore, all’estero». 

Una riflessione da proporre

La scelta di Dalla Palma può essere letta come un manifesto esistenziale: l’ultimo atto di controllo su sé stessi in un mondo che, per definizione, è imprevedibile. Ma è anche uno specchio della società: la medicina è sempre più capace di prolungare la vita, ma la qualità di questa è altrettanto fondamentale. Quando vivere significa soffrire, quando l’“essere” diventa solo un “resistere”, la domanda cambia: vivere a qualsiasi costo o scegliere di andarsene con dignità?

Conclusione

Qualunque sia il giudizio personale o morale sulla scelta di Diego Dalla Palma, una cosa appare certa: ha rotto un tabù, è entrato nel dibattito pubblico senza filtri, invitando ciascuno – fan, media, cittadini – a riflettere sul valore della vita e sul diritto di chiuderla quando e come lo si ritiene giusto.

Il suo “addio programmato” non è solo uno scoop di cronaca: è una provocazione al vivere moderno.

E la domanda che ci lascia è semplice e bruciante: quando è giusto dire basta?


Redazione

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