
GLI ITALIANI? CHI STA’ DAVVERO CON PUTIN, CHI CON ZELENSKY— E CHI RESTA A GUARDARE😱
- Redazione

- 29 nov
- Tempo di lettura: 3 min

Un sondaggio per il quotidiano “Il Giornale d’Italia” del 2025 segnala che per il 51% degli italiani la soluzione più probabile al conflitto è un armistizio che comporti una cessione di territori da parte dell’Ucraina, un dato in crescita rispetto agli anni scorsi. Contemporaneamente, la fiducia nel presidente ucraino Zelensky è scesa drasticamente: solo il 12% della popolazione lo vede come leader in grado di guidare l’Ucraina alla vittoria.
Sempre nello stesso sondaggio, circa il 42% degli intervistati preferisce che le armi inviate all’Ucraina vengano usate solo sul suolo ucraino, mentre il 27% pensa che l’esercito di Kiev “dovrebbe poter attaccare anche in Russia”.
Un dato che fa riflettere: secondo un sondaggio del 2025 condotto per un media italiano, il 58,7% degli intervistati non considera la Russia un “nemico” dell’Italia.
In parallelo, molti italiani sono diventati più scettici sull’invio di aiuti o sul coinvolgimento diretto in un conflitto: un ulteriore sondaggio indica che l’ipotesi di un riarmo o di un intervento attivo a sostegno dell’Ucraina incontra un consenso molto limitato.
Nel complesso, questi dati evidenziano una tendenza: una porzione consistente dell’opinione pubblica italiana — forse maggioritaria — nutre dubbi sulla condotta dell’Ucraina, sulla figura di Zelensky, e su un coinvolgimento diretto dell’Italia.
🤔 Perché tanti italiani appaiono in parte o totalmente “scettici” verso Zelensky / filo-russi
Diversi fattori possono spiegare questo orientamento:
Fatica per la guerra lunga e complessa, con conseguenze economiche, sociali e mediatiche — per molte famiglie la sensazione che “la guerra è lontana”, ma le ripercussioni sono concrete.
Senso di stanchezza verso l’impegno internazionale: con crisi economiche, inflazione, emergenze interne, una parte dell’opinione pubblica sembra preferire la realpolitik alla solidarietà militare o ideologica.
Un’eco del dibattito sull’indipendenza energetica e commerciale: alcuni vedono con sospetto le sanzioni e l’appoggio a Kiev, temendo conseguenze su forniture, prezzi, stabilità.
Influenza delle narrative mediatiche o informazione filtrata: la presenza di propaganda e disinformazione — anche tramite social e media — può alterare la percezione degli eventi e orientare l’opinione in senso conservativo o filo-russo.
Divisioni politiche e ideologiche interne: l’orientamento verso Putin o Zelensky spesso fila parallelo a convinzioni su geopolitica, alleanze, neofondamentalismi o anti-occidentalismo.
⚠️ Ma non c’è una “maggioranza netta” pro-Putin
È importante però sottolineare che i dati non mostrano una massa compatta a favore della Russia, né un consenso unanime. Spesso esiste un’ambivalenza diffusa, una posizione intermedia: molti italiani sembrano volere la pace, non la vittoria militare, e restano incerti — magari più preoccupati per le conseguenze economiche o sociali che per le ideologie di guerra.
In altri sondaggi, la figura di Zelensky non appare fortemente sostenuta: la fiducia nei suoi confronti in Italia è spesso sotto il 40-50%.
Quando si chiede chi sia “colpevole” dello scoppio della guerra, molti cittadini indicano la Russia — ma non manca chi mette in discussione anche il ruolo dell’Ucraina, dell’Occidente o della NATO.
📌 Che cosa significa tutto questo — e come cambia la narrativa
L’Italia è divisa non solo fra filo-Ucraina e filo-Russia, ma su una zona grigia di disillusione, stanchezza e realismo geopolitico. Non si tratta (quasi) più di schieramenti ideologici netti, ma di valutazioni pragmatiche: pace, economia, stabilità.
I media e la disinformazione giocano un ruolo centrale. Le campagne informative, le fonti, l’accesso all’informazione — e il modo in cui viene veicolata — influenzano in maniera determinante l’opinione pubblica.
Le decisioni di politica estera e difesa europea sono sempre meno scontate. In un paese dove l’opinione pubblica è divisa, le scelte del governo rischiano di scontrarsi con una forte variabilità nel consenso.
Una crescente domanda di pace e pragmatismo. Per molti italiani, l’obiettivo principale oggi non è la vittoria di una parte, ma la fine del conflitto — con il minor costo possibile per civili, economia e società.
Redazione




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