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“DIANA MORTA DI STENTI, ERGASTOLO PER LA MADRE ALESSIA PIFFERI: ‘ERA LUCIDA E CONSAPEVOLE’”

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 5 nov
  • Tempo di lettura: 2 min
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Nel luglio 2022, la bambina di 18 mesi Diana — figlia di Alessia Pifferi — fu lasciata sola a casa per sei giorni, dal 14 al 20 luglio, mentre la madre si trovava presso il fidanzato in provincia di Bergamo.  Al suo ritorno, la piccola era già morta di stenti. Secondo la ricostruzione, la bambina era priva di cibo adeguato, acqua sufficiente e assistenza: è stata rinvenuta in una culla improvvisata in condizioni gravissime. 

La richiesta dell’accusa e la sentenza di primo grado

Il Francesco De Tommasi, pubblico ministero nel processo, ha chiesto per Pifferi la condanna all’ergastolo per omicidio volontario aggravato.  La richiesta è stata accolta dalla Corte di Assise di Milano che il 13 maggio 2024 ha condannato la donna all’ergastolo, ritenendola pienamente capace di intendere e di volere al momento del fatto.  È stata però esclusa l’aggravante della premeditazione. 

Le tesi della difesa

La difesa ha sostenuto che Pifferi non avesse l’intenzione di uccidere la figlia, ma che ci fosse una forma di abbandono del minore.  Inoltre è stata presentata la richiesta di una nuova perizia psichiatrica che rilevasse — secondo la difesa — gravi problemi cognitivi della donna.  Tuttavia, la perizia disposta in primo grado ha stabilito che Pifferi fosse capace di intendere e volere all’epoca dei fatti. 

Le reazioni e i prossimi passi

La madre di Pifferi ha commentato la sentenza definendola giusta: «Deve pagare per quello che ha fatto».  La difesa ha annunciato ricorso in appello e la richiesta formale di riaprire l’istruttoria con nuova perizia.  Il processo d’appello è previsto dinanzi alla Corte di Assise d’Appello di Milano. 

Perché è stata accolta la richiesta dell’ergastolo

Tra i motivi principali che hanno portato i giudici ad accogliere la richiesta dell’accusa ci sono:

• la gravità della condotta: la bambina è stata lasciata sola per sei giorni, senza adeguata assistenza e morì per stenti. 

• la valutazione della capacità di intendere e volere della madre, che ha escluso infermità mentale tale da escludere la responsabilità penale. 

• la qualificazione del fatto come omicidio volontario aggravato (anche se senza la premeditazione). 

Implicazioni e riflessioni

Il caso richiama attenzione su diversi aspetti:

• Il tema della responsabilità genitoriale e delle condizioni nelle quali un minore viene lasciato da solo in casa.

• Il ruolo e la verifica delle condizioni psicologiche/cognitive dell’imputata nei processi che riguardano minori.

• Le pene massime previste (qui l’ergastolo) nei casi di omicidio volontario aggravato e il messaggio sociale che veicolano.



Redazione

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